« Difficilmente le nuove generazioni ci perdoneranno per questo suicidio ambientale » (Lorenzo Tomatis)

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giovedì 24 marzo 2011

Le fiamme dell'inferno

Nell’ottobre 2009 abbiamo ospitato a Capodiponte la conferenza del Prof.Stefano Montanari che ci ha illustrato i risultati suoi e della moglie, la Dott.ssa Antonietta Gatti, nell’ambito delle nanoparticelle. In sintesi si è cercato di dare una risposta alle seguenti domande: 1) Cosa sono e come si formano le polveri sottili? 2) Come si comportano nell'ambiente e nell'organismo? 3) Quali sono gli effetti sulla salute?
Leggendo il seguito si capirà il senso del titolo dato a questo articolo che, non volendo certamente essere esaustivo sull’argomento, si limita a riportare quanto affermato durante la serata. Per approfondimenti si rimanda al sito internet www.nanodiagnostics.it dove si possono reperire trattazioni più dettagliate e scientifiche di quanto qui solo accennato.
Le ricerche sulle nanoparticelle sono iniziate nel 1990 e si basano sui riscontri scientifici verificati tramite microscopio elettronico su campioni organici. Tale ricerca è stata snobbata dalle università italiane, ma dal 2002, a sottolineare l’importanza dei risultati raggiunti, sono partiti dei progetti di ricerca finanziati dalla Comunità Europea.
Nanoparticelle e polveri sottili ed ultrasottili spesso sono usati come sinonimi. Per caprine le dimensioni, le nanoparticelle hanno un diametro di 1nm, cioè ne dobbiamo allineare 10'000 per raggiungere 1mm. Per poterle individuare non è sufficiente un normale microscopio ma bisogna ricorrere all’impiego di un sofisticato microscopio a scansione elettronica. Tali polveri sono solide, inorganiche e non solubili in grassi ed acqua e quindi, praticamente, eterne.
I concetti fondamentali da ricordare sono: 1) Qualsiasi sorgente ad alta temperatura provoca la formazione di particolato. 2) Più elevata è la temperatura, minore è la dimensione delle particelle prodotte. 3) Più la particella è piccola, più questa è pericolosa essendo maggiormente in grado di penetrare nei tessuti.4) Non esistono meccanismi biologici od artificiali conosciuti capaci di eliminare il particolato una volta che questo sia stato inglobato in un organo o un tessuto.
Le particelle sono liberate naturalmente in atmosfera dai vulcani attivi, dagli incendi, dall’erosione delle rocce, dalla sabbia sollevata dal vento, ecc. In genere, le particelle di queste provenienze sono piuttosto grossolane. Spesso più sottili e normalmente assai più numerose, sono le particelle originate dalle attività umane, soprattutto quelle che prevedono l’impiego di processi ad alta temperatura. Tra questi processi, il funzionamento dei motori a scoppio, dei cementifici, delle fonderie e degl’inceneritori. Il rilascio di particelle può avvenire anche a causa dell’invecchiamento dei cementi e degli asfalti, quindi dalle abitazioni e dalle strade, dall’inquinamento prodotto dagli aerei e dalle centrali elettriche. Dopo il crollo delle Torri Gemelle, a causa delle polveri liberatesi, al di là dei decessi, si sono stimati un milione di casi patologici al sistema respiratorio. Gli inceneritori di rifiuti sono altri generatori di articolato, anzi sono dei “monumento alla follia” e “nella migliore delle ipotesi non servono ad altro che a dimostrare la stupidità dell’essere umano” (si vedrà in seguito il perché di tali affermazioni). Peggio ancora i cementifici che sono autorizzati per legge a bruciare i rifiuti , ma senza i sistemi di sicurezza già scarsi degli inceneritori. Inoltre il cemento prodotto al giorno d’oggi è poi più tossico rispetto al passato, tanto che si sono verificati dei casi bambini allergici alla “propria casa”. Anche il riscaldamento domestico produce delle polveri, ma viste le basse temperature, di grosse dimensioni. Anche la guerra può generare particolato. Si è verificato come molti reduci si siano ammalati della cosiddetta sindrome dei Balcani o del Golfo: le ricerche effettuate non hanno riscontrato livelli di radioattività dovuta all’utilizzo dell’uranio impoverito, ma piuttosto la presenza di nanoparticelle dei più disparati elementi che si formano alle alte temperature causate dall’esplosione dei proiettili arricchiti.
Le polveri da combustione, in particolare, sono caratterizzate dalla caratteristica forma sferica. Sono in genere estremamente fragili e tendono a rompersi in cocci di dimensioni ancor più infinitesime. Ogni combustione produce particelle primarie e gas (ossidi, ammoniaca, composti organici), radicali liberi. Le polveri che finiscono in atmosfera, reagiscono in presenza della luce e tendono a formare particelle secondarie. Le particelle secondarie sono più grosse e tendono ad appiccicarsi ad inquinanti anche pesanti, tipo diossine, furani etc, e ne fanno da mezzo di trasporto anche per migliaia di km.
Le nanoparticelle si sono trovate anche in cibi come frutta, verdura e vegetali; pane e biscotti (il 40% di quelli analizzati contengono nanoparticelle); omogeneizzati; gelati; vongole; hamburger (se ne sono trovati con argento che, utilizzato come pesticida, si suppone abbia risalito la catena alimentare). Una volta ingeriti i cibi, le sostanze che li compongono vengono assorbite tramite il sangue.
Le nanoparticelle sono estremamente fini (un miliardo di volte più piccole della polvere che si vede in casa) e galleggiano in sospensione in aria. Con la respirazione, possono passare dall’aria ai polmoni, quindi agli alveoli e, in un solo minuto, nel sangue. Sono state trovate al microscopio sia depositate sui globuli rossi che nella parte liquida del sangue (il plasma) ma anche all’interno dei globuli rossi. Le nanoparticelle possono far coagulare il sangue (una persona su 10 è soggetta) aumentando la possibilità di generare dei trombi che, viaggiando in vene ed arterie, raggiungono i capillari. Se i trombi si formano nelle vene possono causare la tromboembolia polmonare (importante causa di mortalità), mentre nelle arterie possono causare ictus ed infarti. Per le persone non soggette alla coagulazione, in un’ora le nanoparticelle possono finire in qualche organo (se ne sono trovate in fegato, rene, polmone, cervello). Tali organi le trattengono e le inglobano, non essendo biodegradabili né biocompatibili. Per motivi allo studio, queste polveri possono agglomerarsi e accrescere: in tal caso l’organismo reagisce e le isola facendo crescere attorno un granuloma (tessuto infiammatorio che tale rimarrà per tutta la vita non potendo eliminarne la causa). Esiste molta letteratura medica che dimostra come tali tessuti possono degenerare in cancro. Si è scoperto che le polveri possono entrare nel nucleo delle cellule dove possono arrivare a scombinare il codice genetico delle cellule stesse; tali cellule, riproducendosi, generano a loro volta altre cellule alterate (come si dice, può capitare che una cellula impazzisca). Le nanoparticelle possono entrare nello sperma e possono causare sterilità intaccando la vitalità dello spermatozoo (è ad esempio riconosciuta la “sterilità industriale” causata da certi ambienti industriali inquinati).
Si sono riscontrate malformazioni in vegetali inquinati, ma anche in microrganismi alla base della catena alimentare. Si sono studiati agnelli nati malformati trovando vari tipi di nanoparticelle. Nanoparticelle si sono trovate anche negli organi di feti umani malformati , fra cui anche nanoparticelle sferiche, tipiche della combustione. Si è dimostrato il passaggio delle nanoparticelle dalla madre al feto analizzando casi di bambini malformati, di leucemie e linfomi.
Le nanoparticelle non sono biodegradabili e non sono biocompatibili: quindi, per definizione, sono patogeniche. Più piccole sono più pericolose sono potendo più facilmente penetrare nell’organismo. L’Agenzia Europea per l’Ambiente afferma che “per il particolato non è stato identificato nessun livello di sicurezza”, cioè qualsiasi pur minima quantità è tossica. L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che la Pianura Padana è una delle quattro zone più inquinate del mondo: in media si perdono a causa dell’inquinamento 36 mesi (3 anni) di vita contro i 9 mesi del resto d’Europa.
Ma torniamo all’incenerimento rifiuti (senza usare il termine “termovalorizzatore” che è stato bandito come illecito dalla Comunità Europea): la soluzione spesso proposta per risolvere un fastidioso problema fingendo che, con la combustione, si eliminino anche i rifiuti. Ma già Anassagora, nel V secolo a.c., affermava che “nulla si crea, tutto si trasforma e nulla si distrugge”: non è vero che ciò che brucio scompare, infatti si può verificare che la massa dopo combustione è maggiore di quella iniziale, come dimostrato da Lavoiser nel 1786. Infatti durante la combustione interviene, oltre al materiale combusto, anche l’ossigeno: la massa totale rimane invariata. E’ il Principio di Conservazione della Massa che afferma come la quantità di materia in un sistema chiuso rimane costante. Si sono fatte delle misure bruciando una tonnellata di rifiuti in un inceneritore. Dopo la combustione si trovano una tonnellata di fumi, 280/300kg ceneri solide (per legge inerti ma sono le polveri potenzialmente pericolose), 30kg ceneri volanti, 25kg gesso (in polvere), 650kg di acqua di scarico. Quindi, facendo le somme, per ogni tonnellata di rifiuti bruciata ottengo due tonnellate di materiale in uscita. Come se no bastasse, oltre al raddoppio delle quantità, ne aumento sensibilmente anche la tossicità. Ma gli inceneritori moderni avrebbero le migliori tecnologie disponibili. Ad esempio i filtri a manica, che però fermano solamente le polveri primarie più grossolane. Le polveri primarie condensabili, più piccole e non filtrate, condensano a temperature abbastanza basse dopo aver già superato il filtro. Le polveri secondarie addirittura si formano per reazione in atmosfera addirittura a distanza di km. I filtri inoltre si intasano: in genere, per evitarlo, ogni 2 o 3 secondi viene mandato un soffio d’aria per ripulire il filtro liberandolo dalle polveri che finiscono quindi in ambiente. Insomma, il filtro funziona solo sulle polveri primarie grosse e per 2 o 3 secondi ed è quindi sostanzialmente inutile. E non parliamo dei casi in cui, illegalmente, i filtri vengono addirittura bypassati per non rovinarli (visto il loro costo) e poi reintegrati in caso di controllo. Nei moderni inceneritori le temperature vanno sui 1000°C in modo da evitare la formazione di diossine (che avviene fra i 400 e gli 800°C). Ovviamente non tutta la camera di combustione è alla stessa temperatura ed inoltre il combusto subisce un riscaldamento e le ceneri un raffreddamento. E’ dimostrato che anche i moderni inceneritori producono diossina. Inoltre, alle alte temperature, diminuisce la dimensione delle particelle prodotte e quindi la loro pericolosità e “alla lunga l’inceneritore moderno è più pericoloso dell’inceneritore antico”. Inoltre da un inceneritore escono una quantità di sostanze, alcune molte tossiche, che per legge non devono essere monitorate e quindi si finge non ci siano. Dai principali studi epidemiologici risultata che intorno agli inceneritori ci si ammala maggiormente di tumore. Infine, non si risolve il problema delle discariche dovendo comunque smaltire circa un terzo del materiale in ingresso sotto forma di ceneri molto tossiche; anzi c’è bisogno di discariche speciali vista la tossicità di tali ceneri.
Spesso si giustificano gli inceneritori ed altre centrali più o meno inquinanti con il nostro bisogno di energia. Ma la stessa Autorità dell’Energia Elettrica e del Gas, quindi un ente pubblico garante, sostiene che per il triennio 2007-9 “l’offerta supera significativamente la domanda”. Il problema principale sono gli sprechi di energia: ad esempio è stimato che in Europa ben 17 centrali elettriche funzionano solamente per la lucina di standby dei vari elettrodomestici. Forse non servono nuove centrali, ma bisognerebbe iniziare con il ridurre gli sprechi inutili.
I gestori degli inceneritori affermano, ovviamente, che il loro sistema non inquina. Ma ricordiamo, tanto per fare un esempio, l’amianto. L’amianto è stato messo fuori legge nel 1992, ma si sapeva della sua cancerosità fin dal 1863, anzi già Plinio il Vecchio nel 79d.c. aveva riscontrato una morte precoce nei minatori delle miniere di amianto. Ma allora come si spiega il suo utilizzo fin quasi ai giorni nostri? La risposta sta nei bassi costi dell’amianto e nelle sue caratteristiche di ottimo isolante e ignifugo ma anche in “scienziati” che ne accertavano la non pericolosità, scienziati sponsorizzati dagli stessi industriali interessati nell’utilizzo dell’amianto. Altro esempio: negli anni ’50 altri “scienziati” dimostravano addirittura la beneficità del tabacco, lo stesso si può dire per pcb, diossine, piombo nella benzina, etc. Abbiamo un’arma di difesa: la cultura e la conoscenza, non prendendo mai per vero quanto ci viene raccontato (nemmeno questo articolo), ma vagliando sempre con spirito critico le informazioni e le disinformazioni che ci arrivano e chiedendoci sempre se chi ci racconta una cosa ha degli altri interessi nel dirlo.
Anche “la centrale a biomassa, che è una follia”, non si giustifica in quanto, non solo non ci sono le biomasse vergini ma nemmeno le masse utili per garantirne il funzionamento. Si ricorre spesso quindi a biomasse provenienti dall’estero nelle quali si sono trovati anche metalli pesanti, pesticidi e concimi chimici da noi vietati per legge ormai da decenni. Inoltre il trasporto da grandi distanze è un’ulteriore fonte di inquinamento. La normativa italiana inoltre equipara i rifiuti solidi urbani alle biomasse: “le centrali a biomasse sono quindi in pratica dei normalissimi inceneritori”.
In conclusione ricordiamoci della massima di F.Bacone: “la natura si domina solo obbidendole” e un passo dalla Genesi (3:19): “memento, homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris”. Facciamocene una ragione poiché è impossibile vivere sani in un mondo malato e, se non per altro, facciamolo almeno per i nostri figli: ci stiamo mangiando la loro eredità.

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