« Difficilmente le nuove generazioni ci perdoneranno per questo suicidio ambientale » (Lorenzo Tomatis)

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giovedì 28 agosto 2008

Sostenibilità

Seguono delle semplici considerazioni sulla sostenibilità di un impianto energetico e, al di là del nostro caso specifico, lasciamo perdere il costo di realizzazione di una centrale di teleriscaldamento (che spesso è possibile solo perché sostenuta da cospicui finanziamenti pubblici e che quindi nasce con un peso per il contribuente). I costi di allacciamento al teleriscaldamento sono simili a quelli di normali impianti solare termici in grado di soddisfare le necessità di una famiglia.
I pannelli solari termici, a differenza di quelli fotovoltaici finalizzati alla produzione di energia elettrica, integrano il riscaldamento dell’abitazione e producono l’acqua calda sanitaria. Il prezzo indicativo per il riscaldamento di 150-200litri d’acqua con un consumo giornaliero fino a 600litri di acqua sanitaria va dai 750 ai 1500€. Al prezzo, decisamente abbordabile, vanno aggiunte le opere di integrazione dell’impianto idraulico, ma sottratti i contributi e le agevolazioni previste dalla legge finanziaria 2007. Il vantaggio è ovviamente l’indipendenza dal pagamento di bollette e di altri costi aggiuntivi.
Per tornare al costo della centrale, fingiamo di ignorare che avremmo potuto, oltre a ripiantare l’intera area bruciata dall’incendio, tappezzare Sellero, Novelle e dintorni con pannelli solari od altre fonti di energia realmente rinnovabili (non come i… rifiuti).
Il limite dei pannelli solari è la mancanza di copertura delle esigenze soprattutto nei mesi invernali, ma nel caso, come comunque in molti anche nel nostro paesello continuano a fare, si può ricorrere alla vecchia soluzione della legna (o ad altre soluzioni). Certo, la centrale di teleriscaldamento fornisce energia tutto l’anno, 24 ore al giorno, ma non è uno spreco di fonti energetiche il bruciare legna ad agosto? A parte l’uso domestico per qualche doccia e per i piatti, il resto dell’energia viene buttata.
In realtà, almeno nel nostro caso specifico buona parte dell’energia è sprecata anche nei mesi invernali a causa di non adeguato isolamento dei tubi e ne abbiamo le prove quando nevica: la rete delle tubature appare evidente ed impedisce alla neve di attecchire. Ma qua siamo all’avanguardia se non i primi: il primo comune con impianto di riscaldamento a pavimento contro le insidie automobilistiche del manto nevoso! Ma dico, ma brevettiamolo, che diavolo stiamo aspettando!?
Le centrali a cogenerazione sfruttano comunque, a loro favore, parte del calore prodotto per far girare delle turbine per produrre energia elettrica. L’energia elettrica viene venduta all’Enel, ed è questa spesso un’importante voce a bilancio. A livello economico, da buona società consumistica, si favorisce quindi, non il produrre e consumare energia con criterio ed in modo sostenibile, ma il bruciare la maggior quantità di fonti rinnovabili per poter vendere la maggior quantità di energia. Ed è questo che, contrariamente al buon senso comune, ma in accordo con la mera economia, spinge le centrali ad essere il più grandi possibili. Maggiori dimensioni producono maggiori profitti. L’ovvia considerazione economica ha però il grosso limite di considerare la centrale come una scatola nera adatta a far soldi senza tener conto dei possibili effetti collaterali scaricati sulla collettività.

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